Si tratta infatti della possibilità,
da parte dell’utente, di essere in costante connessione con diverse reti
tramite smartphone e avere al contempo accesso a porzioni variabili
dell’informazione generale prodotta (si pensi al concetto di deep web,
o web sommerso, ovvero la porzione del web non accessibile attraverso
i normali motori di ricerca perché non indicizzata, per esempio network
aziendali interni), a sua volta in crescente ampliamento grazie alla recente
introduzione dell’Internet of Things (con un ordine di grandezza dello
zettabyte, cioè 1021 byte) (Atzori, Itera e Morabito, 2010).
Tali importanti sviluppi possono essere colti anche quali opportunità
da leggersi in direzione opposta, intensa come maggiore user reachability: anche le aziende
hanno la possibilità di accedere a una grande mole
di informazioni sull’utenza, interfacciandosi con i consumatori in modo
più efficace ed efficiente mediante i cosiddetti touch-point (Siau e Shen,
2003), ovvero i punti di contatto o finestre di dialogo a disposizione, dove
avviene una comunicazione o interazione tra una azienda e un end-user.
All’interno di tale processo di sviluppo, l’espansione e la nascita di
alcuni settori sono stati ampiamente favoriti. Tra questi in particolare il
mercato delle cosiddette mobile application (o più semplicemente app),
dove aziende e/o singoli programmatori possono pubblicare app, scaricabili
gratuitamente o meno, in base al tipo di business plan aziendale (Liu, Au
e Choi, 2014). A questo fenomeno se ne sono aggiunti ulteriori, come
per esempio quello della in-app advertising (Bhaye, Jain e Rox, 2013;
Niebord, 2016), inteso come la pubblicità che viene inserita all’interno